Editoriale n. 2 - 2022

Alberto Baldi

Dipartimento di Scienze Sociali, Università degli Studi di Napoli Federico II

Eugenio Zito

Dipartimento di Scienze Sociali, Università degli Studi di Napoli Federico II


Il numero 2 di EtnoAntropologia  con cui chiudiamo questo 2022, e di cui qui di seguito si riportano sintetici cenni sui saggi pubblicati, si compone di un’unica sezione miscellanea che ospita sei contributi presentati secondo l’ordine alfabetico degli autori. Tali scritti spaziano tra tematiche varie che includono aspetti diversi della migrazione in Africa e in Italia, connesse questioni di genere, mediazione culturale, razzismo e islamofobia, ma anche altri argomenti come il passaggio alla vita adulta nell’età contemporanea e il rapporto tra deindustrializzazione, territori, comunità, riferendosi complessivamente a contesti molteplici.

Ad aprire il numero è il saggio di Stefano Allovio dal titolo Rifugiati congolesi in Sudafrica: fra mutuo aiuto e rivendicazioni identitarie . In esso l’autore si concentra sullo studio della comunità dei Congolesi a Città del Capo, partendo da una precisa congiuntura storica, quella che vede da un lato, alla fine del secolo scorso, il Sudafrica post-apartheid  aprirsi al diritto mondiale e internazionale in materia di asilo politico, e dall’altro, allo stesso tempo, lo Zaire di Mobutu crollare, con l’avvio di un conseguente rilevante flusso migratorio di Congolesi verso l’Africa meridionale che ha segnato gli ultimi decenni. Viene in particolare così evidenziata da Allovio, attraverso un’originale etnografia, la loro grande creatività nella costituzione di associazioni di mutuo soccorso, alcune delle quali orientate a immaginare e realizzare, almeno nella diaspora, quell’unità del Congo che resta nei fatti un’utopia in patria.

Segue il saggio di Annalisa Di Nuzzo dal titolo Assertività femminili transculturali delle seconde generazioni nell’Italia multietnica tra intraprendenza imprenditoriale e creatività artistica  in cui l’autrice, restando sulla complessa tematica della migrazione, ma riferita ad altri contesti e dinamiche, riflette sul fatto che nella contemporanea Italia multietnica un numero crescente di donne immigrate sono diventate imprenditrici, mentre altre si distinguono come sperimentatrici di nuovi linguaggi artistici proponendone la diversità. In particolare Di Nuzzo analizza il loro ruolo significativo in Italia, e soprattutto come queste giovani donne di seconda generazione vivono e interpretano la loro italianità, e quindi come si esprimono e si affermano in tale contesto. D’altro canto la società italiana, che da diversi decenni è testimone di significativi flussi migratori, sta vivendo sempre più intensamente profonde trasformazioni socio-culturali anche connesse a tali complessi processi. Viene così messo in evidenza in quale modo i flussi migratori stiano ampiamente ridisegnando la cultura italiana stessa, con la graduale emersione di nuove identità appartenenti a più mondi, culture e lingue.

Sempre riflettendo sul complesso e variegato tema della migrazione, ma da una diversa angolatura, Alessia Fiorillo, nel suo saggio intitolato La mediazione culturale: acrobazie relazionali tra controllo e inclusione sociale , ci ricorda che l’espansione della società dell’incertezza produce molteplici forme di violenza, discriminazione e disuguaglianza, che complessivamente incidono profondamente sulla “crisi umana” della migrazione. A partire dal dato per cui le istituzioni in Italia richiedono mediazione culturale in ambito giuridico e amministrativo, la questione principale che Fiorillo affronta nella sua ricerca riguarda le competenze interculturali quale strumento di inclusione. L’analisi dei colloqui dei mediatori qui proposta mira a sottolineare l’approccio dello Stato nella gestione dei flussi internazionali di persone. Nonostante la preferenza istituzionale per le pratiche di controllo, lo studio del sistema di accoglienza per rifugiati e richiedenti asilo in Italia mostra il ruolo chiave di associazioni, cooperative e società civile nella promozione di progetti di inclusione. Il Terzo Settore ha il mandato sociale della tutela delle minoranze e della riduzione delle disuguaglianze e, in questo contesto, viene dall’autrice specificamente evidenziato come costruire legami culturali sia in realtà desiderio, progetto, ostinata determinazione di operatori sociali e ricercatori. Fiorillo, nel suo saggio, contestualizza inoltre le pratiche di mediazione e le attività delle associazioni di migranti nella prospettiva dei diritti umani e del lavoro.

Spostandoci su un piano tematico completamente diverso, Accursio Graffeo, nel suo saggio dal titolo Black Hole, It Follows e lo Spirito Cannibale. Adolescenza e riti di passaggio: trauma, isolamento e trasformazione nel dialogo tra graphic novel, cinema e conoscenza etnografica , analizza il passaggio all’età adulta in tre diversi contesti artistici e culturali. Nel graphic novel   Black Hole  una malattia a trasmissione sessuale trasforma i personaggi in mutanti solitari. Nel film It Follows  alcuni adolescenti con vite senza futuro sono minacciati da figure inquietanti che cercano di ucciderli. Entrambe queste opere mostrano la mancanza di adulti e l’isolamento dei giovani dalla società, fenomeni che sono propri del mondo contemporaneo. Tra i Kwakiutl , lo Spirito Cannibale, terzo caso preso in esame, rapisce i ragazzini e li porta nella foresta dove vivono una condizione liminale: il rito coinvolge l’intera società e gli adulti hanno invece, in questo specifico caso etnografico, un ruolo fondamentale. L’analisi di tali drammi sociali consente all’autore di analizzare l’indebolimento della ritualizzazione legata al passaggio all’età adulta propria del mondo contemporaneo, mettendo in evidenza, di contro, il grande valore di essa e la sua utilità simbolica e sociale.

Ritornando sul tema della migrazione, anche se attraverso un argomento e una prospettiva differenti, nel suo saggio dal titolo Il lato quotidiano dell’islamofobia. Micro-razzismo a scuola tra differenzialismo culturale e razzismo spirituale  Fabio Vicini esplora le forme quotidiane di razzismo nei confronti di figli e figlie di migranti musulmani nati o cresciuti in Italia dalla fine degli anni Novanta del Novecento e dai primi anni Duemila, toccando i recenti dibattiti sull’islamofobia in Italia e in Europa. Basandosi sulle narrazioni dei suoi interlocutori relative alle loro esperienze di razzismo a diversi livelli di istruzione, l’autore evidenzia come proprio tali esperienze abbiano avuto un impatto significativo sui loro percorsi identitari. Nel saggio, per la lettura di questi fenomeni, si parte dal razzismo culturale per approdare al razzismo spirituale, un altro modo di marcare la differenza, particolarmente adatto a descrivere forme di discriminazione di lunga data contro le minoranze etnico-religiose in Europa. Vicini introduce poi la nozione di “micro-razzismo” per far luce su come l’islamofobia si riproduca in modo sfuggente e quasi impercettibile nelle interazioni quotidiane con insegnanti e coetanei, soprattutto a partire dalle scuole medie, anche in considerazione del fatto che l’Italia è un contesto dove spesso le minoranze risultano relativamente meno visibili rispetto ad altri paesi europei.

Il numero si chiude con il saggio di Manuela Vinai dal titolo Derelict land. Una riflessione sulle fabbriche abbandonate nel territorio biellese . Partendo dagli studi sulla deindustrializzazione e sugli effetti del successivo processo di abbandono, l’articolo esamina la necessità di riflettere sulla presenza di aree dismesse, tenendo conto non solo del loro patrimonio, ma anche delle ricadute sulla vita degli abitanti. L’autrice ci ricorda, infatti, che i segni accumulati sul territorio dalla storia industriale sono un tratto distintivo del paesaggio biellese. Le prime avventure imprenditoriali laniere di origini ottocentesche produssero strutture obsolete già nel secolo scorso, innescando però un iniziale interesse per il recupero e la valorizzazione di siffatte “manifatture storiche”. Nell’articolo viene così proposta una lettura critica delle narrazioni relative alle aree dismesse, inserendole nel dibattito internazionale e interdisciplinare sul tema, per poi rintracciare differenti visioni delle “fabbriche vuote” del territorio e mostrare, attraverso esempi concreti, quali sono state le scelte fatte per la loro rifunzionalizzazione, spostando infine l’attenzione dai ruderi industriali alle conseguenze che essi hanno prodotto nel tessuto sociale. Attraverso i significati che si possono trovare intrecciando diverse narrazioni che includono anche produzioni artistiche come film, romanzi, mostre, oppure un blog, e mediante la descrizione delle “rovine sociali” causate dalla perdita del lavoro, si delinea nel complesso un originale percorso di ricerca antropologica con cui dare voce alla comunità in relazione al suo territorio e alla lunga transizione attraversata.